Spumiglie

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un soffio di vento mi coglie all’improvviso
un brivido corre lungo la spina dorsale
le guance mi diventan rosse in viso
accogliendo il caldo vento di maestrale

mi gira la testa e chiudo gli occhi
sono immerso nella gente
non c’è nessuno che mi tocchi
sorrido allo scherzo della mente

il vento mi fa girare su me stesso
ruoto e danzo in mezzo alla folla
quello che sento non è più lo stesso
tant’è che all’improvviso tutto crolla

un tonfo assordante e questo svanisce
apro gli occhi, mi stai guardando
un tuo sorriso ed il mio animo fiorisce
ed è proprio a quello a cui stai mirando

le onde si infrangono sulle nostre caviglie
soli sulla spiaggia, a piedi nudi tu ed io
il mare porta sui piedi le sue spumiglie
sei proprio tu che tieni il cuore mio

Storia di un disegnatore – Episodio 8

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Le cuffie del suo lettore Mp3 nelle orecchie lo intrattenevano nel breve viaggio verso il luogo dell’appuntamento. Finalmente dopo svariate settimane lui ed il suo vecchio coinquilino si rincontravano al solito ritrovo. Era anche parecchio tempo che non ascoltava la cara e vecchia musica Heavy Metal. Da qualche periodo non ascoltava proprio ne radio ne alcun CD ne musica in generale. Eppure fin da ragazzo aveva passato pomeriggi interi a contemplare le melodie trasmesse dalla sua vecchia radio piuttosto che i CD che di tanto in tanto si comprava. Tutti i migliori gruppi metal formavano la colonna sonora della sua giornata tipo ed approfittava del tempo passato a lavorare davanti al computer o del tempo passato a viaggiare per gustare in santa pace la sua musica. Intanto l’ultimo brano dell’album era terminato ed era ora di scendere dall’autobus. L a macchina l’aveva lasciata al parcheggio sottocasa, dato che muoversi in centro con il solito traffico e con i rimasugli delle gelate di quei giorni erano un forte deterrente alla guida.

Eccolo quindi arrivati a destinazione, alza una mano in saluto al caro vecchio amico e subito i baci e gli abbracci. Sentivano entrambi la mancanza l’uno dell’altro, anche se non l’avrebbero mai ammesso di fronte all’altro. Entrarono nel locale, ordinano da bere, la conversazione verte sul più ed il meno. A metà del bicchiere, gli chiese “Ti vedo scosso; cos’è che ti ha ridotto così” il commento non era rivolto tanto ad uno stato di pallore o malessere ma di scobusolamento generale che gli leggeva negli occhi. Non era successo niente di brutto, niente di serio, ma aveva centrato la questione: la “scossa” c’era stata, eccome! Ed ecco rivelato il vero motivo, o la scusa, dell’uscita. Gli doveva parlare e lui, l’amico di sempre, lo avrebbe certamente prima preso per matto, poi consigliato su come salvare la propria integrità morale e mentale. “Sputa il rospo, non tenermi sulle spine” ed il racconto incominciò.

“L’ufficio è pieno di insidie e se non stai attento ti trovi imbrigliato in situazioni che non riesci a gestire” esordì, “il che ti mette in una condizione non molto felice, sia dal punto lavorativo che dal punto sentimentale”. Queste frasi non volevano rivelare uno stato generale ed anonimo, ma uno stato di essere concreto ed aveva lui come protagonista. Succede che la sera stessa era rimasto al lavoro più del previsto. Uno ad uno i suoi colleghi, con ultimo il suo capo si erano dileguati verso il meritato riposo casalingo, mentre stava finendo un lavoro per lei, la terribile capa. Questa le stava seduta accanto e gli dava indicazione su di alcuni punti fondamentali del prodotto che dovevano comparire con una certa rilevanza. La sua funzione era di validare il suo operato ma sembrava che era lì per tutt’altro scopo. La sua presenza era così imponente e avvolgente che ogni volta che parlavano si creava una sorta di complicità tacita che era raro trovare in un rapporto sottoposto-superiore. Ogni indicazione era mirata e generalmente inappellabile, anche perché ogni volta che lei si alzava dalla sedia per sporgersi sulla sua scrivania ad indicare delle aree da sistemare il profumo che diffondeva nel circondario era caldo ed inebriante, tanto che più di una volta non riuscì a ribattere alle sue critiche, per quanto corrette fossero. “In più aggiungi il fatto che sei in ufficio, solo con lei, e con mesi di astinenza dal sesso” sottolineò “con ‘sta qua che ti fa sentire il suo profumo dalla scollatura! E’ ovvio che non lo fa apposta, ma cavolo! Quella fragranza così inebriante mi ha portato più di una volta a pensare di mollare tutto e stringerla a me, e che il lavoro si fotta!” Descriveva la scena con una foga mai provata, con una luce negli occhi mai vista.

L’amico capì subito: la capa l’aveva intrappolato nella rete del comando. Ormai lui era in balia di lei e qualcosa avesse chiesto, c’è da stare sicuri che lui l’avrebbe fatto al volo. “C2n lei tutto è dovuto, allora…” chiese, “Ma no… fa il suo lavoro” replicò. “Ma dai! Non ti ho mai visto così preso da un lavoro, da un esame da una donna in generale. Sembra che qua ti sia fottuto il cervello a star vicino a quella donna. Che ti piaccia, ormai non ci sono dubbi…” neanche finita la frase, subito la replica “Ma no, che dici! A me piace quella?” stava palesemente mentendo a se stesso, anche se prendendo in esame la questione, era cosciente di questa situazione. Che fare? Non aveva il coraggio di chiederlo. L’amico lo tirò fuori dall’impaccio “Parlale, anzi magari puoi farti sotto, invitandola a cena o cose di questo genere. Oppure può benissimo essere che nasca una bella amicizia, oltre che ad un rapporto di lavoro”.

L’ipotesi non gli dispiacque affatto, anzi sembrava la soluzione più elegante, che gli permetteva di lavorare con una persona capace e competente ed allo stesso tempo, avere dei piacevoli rapporti personali. E poi, è risaputo: amore e lavoro non vanno d’accordo, specie perché se viene a ledersi uno dei due, l’altro rovina a ruota. “Mica devo andare a letto con tutte le ragazze carine con cui ho a che fare” pensò, anche se l’idea non gli sarebbe dispiaciuta, per quanto poco seria ed anche incompatibile con la sua persona. Dietro questi pensieri ed altri finalmente scherzava con il suo amico. La tensione della giornata era scomparsa, come l’ultima ora della giornata, lasciando il posto alle “ore piccole” e a tanta stanchezza. Il giorno dopo l’avrebbe sicuramente rivista e si sarebbe risolto tutto, pensava. Vuotò l’ultimo bicchiere, salutò l’amico e s’incamminò verso casa con il suo solito sorriso sulle labbra.

Storia di un disegnatore – Episodio 7

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Un altro giorno era iniziato. La giornata precedente si era conclusa con un’allegra cena con i suoi nuovi coinquilini. Non era lì dentro che da qualche mese ma già sentiva la mancanza del suo migliore amico, nonché storico ex-coinquiino: necessità lavorative lo avevano portato lontano dalla sua vecchia abitazione universitaria per ritrovarsi più vicino al suo nuovo lavoro. Un sacrificio inevitabile, ma necessario; in fin dei conti poteva sempre prendere il cellulare e chiamarlo se voleva vedere lui e i suoi vecchi amici. E poi “era ora di lasciare quel pidocchioso appartamento”, pensava, “con gli infissi che quasi ti rimangono in mano”. Anche se… gli sarebbero mancati anche quei problemi, così comuni, così prevedibili e ripetitivi. Quelli li sapeva gestire e ci si poteva lasciare andare in un’allegra risata ogni volta che saltava la luce.

“Meglio interrompere il flusso di pensieri”, concluse, dato che era ora di andare a raccattare i suoi colleghi per andare al lavoro. Difatti per poco non arrivarono tardi: appena seduti alla postazione di lavoro, eccola arrivare al ritmo di tacchi incalzante. Oggi sembrava più irrequieta del solito. Il meeting del giorno precedente, a cui aveva partecipato con il capo, era andato bene e, forse proprio per questo, il clima che ne sarebbe conseguito sarebbe stato più caldo. Era l’inizio di una lunga “passeggiata lavorativa” che li avrebbe condotti verso il duro lavoro, anche se proficuo per l’azienda. Ecco, intanto si era seduta. Buon segno. Ogni volta arrivava e lo tormentava con richieste tanto inutili quanto bizzarre. Sfide di questo tipo lo divertivano, anche se non era facile soddisfarle, ma faceva parte del suo lavoro, pensava. Meno male che il più delle volte il suo capo arrivava a salvarlo e a toglierlo dalle sue grinfie. Non che avesse bisogno di essere salvato ma, come diceva lui, era il suo sottoposto e le richieste di lei arrivavano in secondo piano. Staccò gli occhi dal monitor, si girò verso l’altra parte dell’ufficio e incrociò il suo sguardo. Non gli disse nulla ma sapeva che nell’arco della giornata sarebbe arrivata alla sua scrivania.

Nel frattempo apprese che la riunione programmata il giorno prima era saltata e quindi la giornata di oggi era destinata a rivedere e perfezionare i lavori legati al progetto. Aveva perfino alcune idee su dei loghi che avrebbero dovuto prima o poi essere riprogettati, quindi aperto il programma di grafica, prese la tavoletta grafica ed iniziò a mettere in digitale quello che aveva in mente.

Tutto sembrava filare liscio quando lei lo chiamò. Con il suo fare calmo e posato, salvò il lavoro, scostò la sedia e prese il lungo cammino, sette metri e mezzo in tutto, verso la sua scrivania. Poteva sentire le risatine dei suoi colleghi e vedere l’espressione divertita del suo capo che, increspando il sorriso, organizzava il materiale raccolta dal meeting del giorno precedente. Lei lo aspettava a braccia aperte, con un sorriso beffardo di chi sa che ti tiene in pugno e tu non puoi fare altro che lasciarti in balia di questo potere, a tratti pure piacevole. “Mi dai un parere su come inseriresti alcuni elementi in questo lavoro”, chiese. La risposta fu lunga ed articolata, dato che era tutt’altro che banale. Snocciolò tutta la sua professionalità mentre lei, invece che guardare cosa faceva, aveva il viso rivolto verso di lui, quasi a divorare ogni sillaba che usciva dalla sua bocca.

Pur essendone consapevole, non si scompose e continuò la spiegazione, guardandola ogni tanto per cercare segni di approvazione. La sudorazione aumentava, la mano aveva perso ormai la solita fermezza e sentiva uno strano calore partire dallo stomaco per poi risalire in petto e fermarsi sulle guance. Appena finita la spiegazione squillo del telefono: un cliente lo desiderava per concordare una modifica al lavoro consegnato. Salvo anche questa volta. Con il cordless in mano ritorno alla sua postazione pre continuare il suo lavoro.

Voce

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La senti quella voce
che ti sussurra nell’orecchio
ogni volta che sei triste
ogni volta che ti senti il mondo addosso

Quella voce così calda
sembra così remota ma così vicina
ti avvolge e ti rincuora
ti abbraccia con affetto

Ti dice che sei unica
ti dice che sei come fuoco che brucia
ti dice che scaldi con il tuo amore
e non si stanca mai e ripete.

Quella voce è dentro di te
quel calore sei tu
quella voce sono io
e lo ripeto ora ed ancora.