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JohnD Scripts

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Monthly Archives: January 2010

Storia di un disegnatore – Episodio 5

26 Tuesday Jan 2010

Posted by johndscripts in Scripts, Storia di un disegnatore

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disegnatore, episodio, serie

Arrivò con qualche minuto di ritardo, causa il traffico particolarmente intenso dell’inizio settimana, ma l’atteggiamento esprimeva la sensazione opposta: sembravano gli altri in ritardo rispetto alla sua tabella di marcia, anziché lei. Questa aria da prima donna la rendeva particolarmente interessante, nonostante fosse già di suo una bella donna: lunghi capelli corvini raccolti in un nastro, occhi nocciola, gambe lunghe e neanche un filo di cellulite! Una piacevole sorpresa in quella giornata uggiosa, che contribuì a fargli passare tutti i veli di stanchezza con cui si era svegliato la mattina stessa. “Sono la tua tutor e sei nelle mie mani” più che una formalità sembrava un buon auspicio e una minaccia allo stesso tempo e si misero insieme alla sua scrivania per definire gli ultimi dettagli tecnici sulla sua postazione, che riguardavano sia software da utilizzare che le policy aziendali da rispettare e, soprattutto, il coordinamento con i suoi colleghi per  il lavoro di tutti i giorni. “Lo so che sei un collaboratore e, a maggior ragione, ti chiediamo di essere rigido con il rispetto di queste norme”. Sembrava una lista interminabile di divieti, obblighi e consuetudini, nonché best-practice per la conduzione dei progetti. Subito lei notò il progetto vuoto che stava cercando di riempire e lo sguardo inquieto del suo autore “Non ti preoccupare: capita a tutti di esser tesi il primo giorno. Se non ti esce niente dalla testa, i rimedi sono due: aspettare l’aspirazione o riempire quel fastidioso bianco di sfondo. Così almeno fai qualcosa e chissà che il caso non porti qualcosa di buono”. Riprese il mouse e iniziò a sporcare il perfetto bianco dello sfondo con delle tonalità di verde e rosso. Con un po’ di fantasia poteva vederci dentro un campo di fragole o simili, ma… ecco l’idea! Ha funzionato veramente ed ora sapeva come andare avanti con il lavoro. “Grazie! Dai sempre ottimi consigli?” chiese lui sorridendo. “Solo a chi merita” e ricambiò il sorriso ed aggiunse una pacca sulla spalla. Concluse il suo tempo con “Qualsiasi cosa ti serva, vieni da me che di certo risolveremo insieme il tuo problema” e si allontanò da lui, mettendosi finalmente al proprio lavoro.

Una mattinata illuminante! Peccato che era finita ed era arrivato finalmente ora di pranzo. Pian piano, i suoi colleghi si dileguarono, chi in mensa, chi a casa a mangiare, chi al bar sotto l’ufficio, chi alla propria postazione a consumare un rapido spuntino per poi immergersi nel lavoro. L’opzione “mensa” andava per la maggiore, quindi si unì al gruppetto; d’altronde era un modo semplice e veloce per socializzare con i colleghi. I discorsi vertevano ovviamente su di lui, su come fosse capitato in azienda e che impressione avesse dell’azienda. Non riuscì a rispondere completamente a tutte le domande ma non c’era fretta, dato che avevano tempo per conoscersi. Il progetto sarebbe durato minimo per qualche mese e poi, se si giocava bene le sue carte, avrebbe potuto ricevere una proposta più concreta nell’azienda stessa. Il pomeriggio trascorse velocemente e terminò il logo aziendale rifatto; aveva ormai preso la mano con i software aziendali, molto simili a quelli open source che usava di solito,  riuscendo a portare a termine un lavoro discreto. Aveva rielaborato l’idea iniziale e così il campo di fragole era stato sostituito da una foresta verde; anche se la sua tutor non gli aveva dato la soluzione in mano, era contento di esserci arrivato per la propria strada e, cosa più importante di tutte le altre, aveva rotto la solita paura da foglio bianco.

In autobus il pensiero viaggiò sulla sua tutrice: era giovane, era bella, era qualcosa di nuovo che non aveva mai visto. L’aveva impressionato e… per poco non gli faceva perdere la fermata! All’apertura della porta si risvegliò dai suoi pensieri, ritornando nel mondo reale, scese dall’autobus e si incamminò verso casa.

Storia di un disegnatore – Episodio 4

26 Tuesday Jan 2010

Posted by johndscripts in Scripts, Storia di un disegnatore

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disegnatore, episodio, serie

Nulla mette tanta paura come un foglio bianco

“Che nottata”, pensava, sentendo fortemente la mancanza di quelle 4-5 ore di sonno in arretrato. Aveva cercato al meglio di nascondere le occhiaie, ma il sangue in corpo non riusciva a dargli il suo solito colorito, facendolo rassomigliare ad un vampiro, piuttosto che ad un essere umano. Ad ogni modo il caffè iniziava a fare effetto e la colazione abbondante lo stava rifornendo di nuove energie anche se, ogni tanto, la mascella si liberava in spassionati sbadigli, degli del più soriano dei gatti d’appartamento. Mancavano ancora quindici minuti a destinazione: un quarto d’ora per stimolare la pressione corporea, per risvegliare la mente e per assumere un’espressione intelligente, mascherando l’evidente stanchezza da insonnia.

Il viaggio era terminato e si trovava di fronte alla porta dell’ufficio. Il palazzo era disposto nella zona più asfaltata della città e quindi avrebbe dovuto abituarsi al grigio-industria del quartiere. Facendo il suo ingresso negli uffici si accorse che lo studio era in netto contrasto con l’esterno: gli interni erano arredati in tutt’altro modo e, seguendo la segretaria che gli faceva strada, poté anche ammirare i più colorati e creativi manifesti pubblicitari del momento, in particolar modo quello relativo alla nota bevanda alcolica di cui trasmettevano la pubblicità su tutte le reti televisive. “Bella la location, non c’è che dire” pensava tra se, rimirando  le sculture di arte moderna in acciaio e bronzo: una curiosa combinazione di colori, frutto dell’invenzione di un artista locale non molto conosciuto a livello nazionale, ma ricercato nel territorio, in quanto un vero e proprio talento in questione di saldature e modellazione dei metalli.

Era ora della parte più noiosa della giornata: dopo le prime strette di mano, la visita dei tre uffici dell’azienda e dell’assegnazione della propria scrivania, iniziò il triste e pesante lavoro di ascolto dei discorsi dell’amministratore delegato e del responsabile marketing. “Bla, bla, bla…” le parole risuonavano nella sua testa ma non riusciva a capire nulla di quello che dicevano, ostentando in sua difesa saltuari cenni di approvazione del capo e domande di circostanza, tipici della fase di ascolto del tipico individuo che non presta la sufficiente attenzione al proprio interlocutore.

Nel frattempo erano passate ben due ore dalla sua entrata in azienda: i neo-colleghi l’avevano accolto con cordiale educazione o calorose strette di mano. Il clima quasi familiare lo mise subito a suo agio:  iniziò a rilassarsi adeguatamente e, a passi spediti, ritornò alla propria scrivania. Il via-vai di persone era instancabile e, spesso e volentieri, il telefono emetteva quel suono fastidiosissimo che indicava l’approssimarsi di una lunga conversazione di lavoro. Presto, gli aveva annunciato il capo dell’ufficio, sarebbe arrivata anche il grafico che aveva il compito di svolgere il ruolo di Tutor per monitorare lo stato di avanzamento dei propri progetti, oltre che istruirlo sul tran tran aziendale.

“Bene, ora iniziamo a produrre qualcosa!” e con entusiasmo si precipitò davanti alla postazione che gli avevano assegnato: per ingannare il tempo voleva disegnare una variazione di un logo noto, per poi effettuarne l’adattamento ad un contesto di natura incontaminata, come un segno di protesta verso il regno del cemento esterno. Successe un qualcosa di inaspettato: una volta aperto il programma di grafica e creato un nuovo progetto l’entusiasmo svanì di colpo. Le dita rimasero come paralizzate e lo sguardo attonito sul suo incubo più grande: il foglio bianco.

Fissava e rimirava quella superficie bianca, digitalmente perfetta. Un brivido lo scosse dalla schiena al collo e si sentì come un bambino che non riesce a proferir parola perché non sa che esprimersi a gesti. Ma ecco, la porta dell’ufficio si aprì ed entrò lei…

Storia di un disegnatore – Episodio 3

25 Monday Jan 2010

Posted by johndscripts in Scripts, Storia di un disegnatore

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disegnatore, episodio, serie

Due di notte, il sonno lo abbandona. L’amico fedele di molte bevute non riesce ad accompagnarlo nella notte prima del primo giorno di lavoro. Che seccatura: deve trovarsi qualcosa da fare per recuperare il sonno perso e poter essere presentabile la mattina dopo, ma l’impresa si rivela tutt’altro che semplice. A nulla valse il vagare per l’appartamento come uno zombi, il rigirarsi nel letto o l’abbandonarsi in pensieri filosofici sulla necessità dell’esistenza di un dio nella vita dell’essere umano. C’era ancora una possibilità: internet! Carta pericolosissima da giocare, che poteva farlo estraniare dal mondo reale per una  due ore per poi farlo ritornare al mondo reale come un relitto di una nave alla deriva, in cerca della tanto sospirata terraferma. Nel giro di pochi minuti aveva acceso il portatile e stava connettendosi ad uno dei tanti canali di chat che usava solitamente; non c’era nessuno che conoscesse o che valesse la pena contattare in rete in quel momento. Restò un’attimo in attesa. Attese ancora due minuti. Si sistemò sulla sedia e fece passare dieci minuti fissando lo schermo. Abbandonò tristemente la ricerca di un’anima pia che lo distraesse dall’insonnia e gli facesse recuperare, meglio se con discorsi noiosi e di circostanza, il sonno perduto quaranta minuti fa. Una rapida visita ai nuovi video online pubblicati e concluse la sessione di navigazione con all’attivo cinquantacinque minuti di connessione effettiva, come segnalato dal browser web.

Il portatile non l’aveva aiutato affatto: tanta tecnologia e niente che ti aiuti ad addormentarsi. Almeno ci fossero dei talk-show politici o salutisti sulla web-tv… niente di niente! La mano sinistra improvvisamente incontrò qualcosa di familiare, ovvero una matita e, guarda caso, si trovava proprio sul tavolo che usava per disegnare, con un foglio bianco aperto con inciso virtualmente il suo nome. Come movimento istintivo, forse per una nostalgia nell’uso del portatile, provo a clicckare sul foglio con la penna, disegnando un punto. Eseguì un doppio click in un’area non molto distante da quella del primo click e si meravigliò del fatto di non aver creato una linea retta congiungente i due punti appena disegnati. Era ovvio: stava disegnando sulla carta, non su di un foglio virtuale, mentre quello che teneva in mano era un classico artefatto di legno e grafite, non il solito mouse! Si  accorse che era trascorso quasi un anno dall’ultima volta che aveva disegnato a mano e dovette attivare tutti i vecchi schemi mentali che un tempo usava con più naturalezza che il respirare.

C’era una sorta di poesia che faceva muovere la matita che incominciava a riprodurre una caricatura del logo dell’azienda per la quale avrebbe lavorato. Un paio di ritocchi alle rotondità perfette del logo ed ecco qua: il suo logo personalizzato che rivelava a grandi linee i suoi prossimi mesi: un uomo, con una matita in mano, chino su una scrivania, intento ad inchiostrare tavole su tavole di illustrazioni. Voleva anche inserire la figura del proprio futuro capo ma non aveva il cuore di rovinare un così bel logo. Addirittura poteva proporlo a quelli dello studio se avessero avuto bisogno di un restyling del logo aziendale.

Il tempo intanto trascorreva e l’alba faceva capolino all’orizzonte. Era ora di alzarsi, di prendere l’autobus, di arrivare in ufficio e di fare una buona impressione. Al lavoro, quindi, rendiamoci presentabili ed abbondiamo con il caffè: moka da 4 sul fornello ed eccolo pronto per il suo primo giorno di lavoro.

Storia di un disegnatore – Episodio 2

21 Thursday Jan 2010

Posted by johndscripts in Scripts, Storia di un disegnatore

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disegnatore, episodio, serie

C’era qualcosa che non lo convinceva. Sì, il colloquio era andato bene, ma l’aveva lasciato con una sensazione di amaro in bocca che lo metteva a disagio ogni volta che ci ripensava. Non aveva mai disegnato in questo modo: startup, storyboard, milestone, deadline di consegna! Termini che più dare un metodo di lavoro incutono timore. In ogni modo, era ufficialmente entrato al servizio della casa editoriale come collaboratore dello studio grafico che si occupava di realizzare i disegni da pubblicare. Non sapeva esattamente cosa lo aspettava, e questo non contribuiva certo a rassicurarlo; l’importante, si ripeteva, è fare esperienza e lavorare con dei professionisti e, più importante di tutto, imparare cose nuove. Avrebbe iniziato con il lunedì della settimana dopo, cioè fra 4 giorni (era un giovedì di febbraio), così aveva tutto il tempo per abituarsi all’idea, comprarsi qualche camicia, festeggiare con gli amici e godersi gli ultimi giorni da disegnatore disoccupato.

Mano a mano che scorrevano le ore, il senso di inquietudine e frustrazione diminuiva e si sentiva sempre più eccitato: girava per la sua città come se tutto ciò che gli sarebbe accaduto da ora in poi sarebbe stato nuovo e completamente diverso dal solito. E, in parte, così era dato che gli era capitato per le mani un lavoro vero ed avrebbe portato a casa qualche soldo in più dei soliti “grazie” che riceveva quando faceva un lavoro: ok lavorare per la gloria, ma non si vive di soli ringraziamenti, anche se gli portavano tante soddisfazioni personali che, molto probabilmente, non avrebbe trovato in altre esperienze lavorative. Ma basta con questi pensieri: è ora di festeggiare! Non tanto per il lavoro in se, ma per la sensazione di leggerezza ed euforia che stava esplodendo dentro di lui. Un paio di telefonate ed ecco riunita la stretta cerchia di amici per l’ormai consueto aperitivo al solito baretto.

La serata passava in allegria ed ogni scusa era buona per ridere tutti guanti di gusto per qualsiasi stupidaggine venisse fuori; in più la serata era allietata da ottimi antipasti offerti gentilmente dalla casa, il che trasformò l’aperitivo in una vera e propria cena. Al bar c’erano tutti: il coinquilino, l’amico di sempre ed alcuni compagni universitari; mancavano all’appello solo le due ragazze del gruppo: la fidanzata dell’amico di sempre e la sua migliore amica che non avevano potuto prender parte alla festicciola improvvisata perché fuori città. Alla terza pausa sigaretta fuori dal locale, si trovarono fuori  solamente i due coinquilini: dopo due anni di convivenza si erano abituati a non avevano segreti ed erano diventati l’uno il miglior amico dell’altro o, se preferiamo, l’uno la persona che capiva meglio l’altro. Uno sguardo, un’intesa e già sapevano cosa l’altro avrebbe detto o discusso. Ma quella sera c’era qualcosa di diverso: si sentiva distante, lontano, in un mondo costruito solo per se… e per il suo nuovo lavoro. Un mondo in cui avrebbe potuto dedicare agli altri solamente i weekend o, forse, neanche quelli. “Allora, contento?” la domanda del coinquilino, per quanto scontata fosse, lo trovò impreparato e lo riportò in quello stato di semi-inquietudine del dopo-colloquio. “Ma certo che sei contento: hai finalmente un lavoro!” c’era un che di malinconico in questa espressione, ma le battute che seguirono spezzarono la tensione parlando del più del meno. L’inquietudine di fondo non sarebbe andata via per giorni, questo lo sapeva bene, ma perché pensarci adesso?  divertiamoci, beviamo e finiamo allegramente la serata!

Detto fatto: l’alcol ha contribuito alla buona riuscita della festa ed il rumore del fiume che taglia la città accompagnò i due coinquilini nel tragitto verso casa. Gli autobus non passavano a quell’ora e casa loro non era lontana. Difatti, qualche decina di minuti dopo erano tutti e due sdraiati sul letto a ronfare beatamente e a sognare…

Abito da sPosa

18 Monday Jan 2010

Posted by johndscripts in Poetry

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abito, posa


Apri gli occhi e ti guardi
il tessuto cade sulle tue spalle
scende sui tuoi fianchi
ricopre la tua pelle.

Alzi le braccia,
ti giri e ti rimiri
ballando sui tuoi piedi
ti osservi in ogni angolo
l’immagine è sempre la stessa.
Tu e il tuo nuovo vestito
risalta ogni sfumatura del tuo viso

Sarà perché ti si addice,
sarà perché ne vai matta
sarà perché ti piace.
Non credi a quel che vedi
ma lo puoi toccare, lo puoi rimirare
è un peccato doversene separare.

Sembra fatto apposta per te
risalta ogni tua forma
ogni tuo colore, ogni tua movenza
indossarlo è pura adrenalina
gioia senza fine
tant’è che non sai
se sia fatto per te
o tu per lui.

Sembri un’altra persona
hai un’altra luce negli occhi
un’altra espressione nasce sul tuo viso
Ma alla fine ho capito:
sei te stessa in quel vestito.

Jonathan D.

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