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città, dublino, genova, gente di dublino, individuo, Johnatan Dante, legame, seguendo le orme del maestro, trieste
“Lavorare e giocare, bere e mangiare, respirare e sospirare, amare e invidiare sono manifestazioni dell’esistere nella realtà in cui l’individuo è immerso.
Così lo spirito, trae vita dal proprio ambiente e lo riversa all’esterno, in un circolo vizioso di dare e ricevere, scambio continuo della linfa vitale fra spirito ed ambiente che porta l’individuo a dipendere dall’ambiente e, questi, a necessitare dell’individuo stesso per esistere. Insieme così legati le due entità esistono in una sola, espressione l’una dell’altra, specchio di se stessa. Per conoscere una basta osservare l’altra, notando i segni che una entità lascia sull’altra, ovvero i punti di collegamento delle due entità.
Nella mia città, questo legame è così forte che i suoi segni si vedono sul volto della gente. Puoi leggere i nomi delle vie sulle loro rughe, il numero degli abitanti nel convavo delle loro occhiaie, gli anni di lavoro sotto il cappello. E nella città guardi le persone. La città è stanca, le persone sono stanche. La città è vecchia, gli abitanti giovani se ne vanno. Il verde a malapena si distingue, la gente difetta di speranza.
Eppure un tempo non era così: la città era viva, la gente era felice, il lavoro abbondava, c’era una festa ogni settimana. Cos’è successo? Come si è arrivati a tutto questo? Perché la cupidigia ha oscurato la città?
Di cosa vivranno i suoi abitanti se la città muore con loro?
Fuggite, schiocchi gridava un vecchio. Ora quella voce è parte della città, ma nessuno l’ascolta più. Fuggire dalla città è staccare l’individuo dal suo cordone ombelicale. Ne morirà oppure sopravviverà? Di certo l’ammalato che riceve troppe cure è più malato di quando non ne riceveva affatto. E così sarà per gli ammalati che abitano nella città ammalata.
Finché non faranno il passo, arriveranno in una nuova città. Più viva, più animata. Più loro. O fino a quando porteranno la loro città in Paradiso. E lei li accompagnerà benevola, portandoseli con se.”
Tratto da “Seguendo le orme del maestro” di Johnatan Dante